Al Festival di Sanremo Blanco distrugge e Amadeus giustifica

Chiara Ferragni indossa sullo scialle la scritta «pensati libera» e Blanco, poco dopo, si adegua in modo letterale all’auspicio della influencer polverizzando gli arredi del palco. A demolizione conclusa Amadeus chiede al protagonista dello scempio che cosa lo abbia così turbato da indurlo a un tal comportamento. Domanda a dir poco fuori luogo, anche se il povero Amadeus in quel contesto non poteva che essere «pompiere». Blanco rasserenatosi dopo la clastica impresa riferisce che non c’era il ritorno in cuffia della voce, non c’era più divertimento e quindi… aggiungo io, sembra non ci fosse proprio alternativa a quanto accaduto. Ma che cos’è a rendere possibile e poi giustificabile tutto ciò? Credo che il punto sia che Blanco, così come altri suoi coetanei, non possa contemplare di vedersi sottratto del godimento (nel linguaggio mediatico odierno ci si riferisce con il termine «divertimento»), sia pure in modo fortuito, che quindi va immediatamente recuperato. Non è concepito che possa accadere un imprevisto, un limite che contenga – sia pur temporaneamente – il loro strabordante ego. Anzi, questo dev’essere immediatamente rinforzato per altra via e nulla importa se ciò comporta la distruzione di qualcosa che, per inciso, non gli appartiene. Piuttosto, l’impunità che ne consegue non sarà che linfa per confermare la loro immacolata (Blanco immacolato lo è di nome e di look) grandezza. A riprova di ciò il nostro performer subito dopo la catarsi clastica non si è certo pentito e in fondo neppure giustificato, ma con una sfacciata capriola dialettica ha tentato di nobilitare il suo atto attribuendogli una ragione quasi filosofica, dice: la musica è divertimento – ritorna questa parola – e se non è possibile divertirsi cantando pare doveroso e legittimo farlo in altro modo, cioè spaccando tutto. «Sono i ragazzi di oggi» dice Amadeus, e Morandi in veste di nonno bonario è lì a raccogliere i cocci. Certo sono i ragazzi di oggi, rovinati però da una generazione, la nostra, che ha fatto della libertà di essere liberi un feticcio, con il risultato di produrre schiere di giovani narcisisti, spesso ignoranti – perché acculturarsi significa limitare il godimento, cioè il divertimento –, che credono che il senso e il mistero della vita si risolva nel celebrarsi e nel godere, cioè divertirsi, costi quel costi, anche distruggendo quel che capita, se non c’è altro modo di farlo. Ora, se questi «sono i ragazzi di oggi», sarebbe tempo di ripensare il ruolo culturale ed educativo della genitorialità, da troppo tempo arenatosi nelle secche delle relazioni complici che non sanno più limitare e indirizzare.

CR