Quando abbiamo detto la prima bugia?

Gli studi di psicologia ci dicono che iniziamo a dire bugie verso i quattro anni. Certo, i bambini piccoli non sono molto bravi a dire bugie credibili: le loro bugie sono ingenue strategie per raggiungere semplici obiettivi, per lo più di difesa, e sono alla fine sempre confessate. La prima bugia di successo (quella non smascherata) ha però un significato tutt’altro che banale: spezza l’egemonia dell’onniscienza genitoriale, così che il bambino inizia a sentire di avere un’identità privata che sfugge ai genitori, una mente propria. Il possesso (da parte del bambino) di un segreto conferisce infatti la percezione di avere qualcosa di esclusivamente proprio, di essere un individuo a sé.

Fin qui la virtù della bugia. Ma la bugia è anche il sintomo di un disagio, cosa che è conveniente non sottovalutare. La bugia è una protezione contro chi è più forte e fa sentire al bambino la sua inferiorità: insomma, la debolezza produce automaticamente bugie. Sono quindi strategie di uno stile di resilienza. A volte anche per le persone adulte dire bugie è l’unico modo per reggere un rapporto oppressivo, per trovare riparo da un carattere dominante. Come sintomo di disagio, la bugia del bambino può essere una difesa verso la percezione di un pericolo insito nel contesto ambientale, ma può arrivare a costituire una corazza protettiva contro la realtà e divenire un vestito di cui è difficile disfarsi. Una bugia spesso ne richiama un’altra: per stare a galla il bambino può arrivare ad aver bisogno di moltiplicare le bugie. Se l’intero senso di sé di un bimbo giunge a fondarsi sulle bugie, smettere di usarle è assai difficile. Di solito nei bambini più grandi e negli adolescenti mentire con regolarità è il segnale di un disagio profondo, un modo per sfogare le frustrazioni, ottenere attenzione o tenere a bada un’insicurezza profonda. I figli di una coppia in crisi, per esempio, ricorrono spesso a bugie per esercitare una qualche forma di controllo in una situazione in cui si percepiscono impotenti.

Le età critiche della bugia sono due: intorno ai tre/quattro anni e l’adolescenza. Le bugie raggiungono il culmine nella prima adolescenza, per poi di solito ridursi. Molto dipende dalla sensibilità dei genitori nel gestire i bisogni di riservatezza e di autonomia dell’adolescente e dal fatto che riescano ad accordargli un crescente margine di potere e responsabilità in campi nuovi della vita. Un segnale d’allarme è dato dal pervasivo uso della bugia da parte del bambino o dell’adolescente. Le bugie ricorrenti sono un problema da prendere sul serio. I ragazzi che mentono abitualmente sono più disadattati degli altri e la tendenza precoce ad alterare la realtà delle cose è in vero predittiva di comportamenti antisociali in età adulta.

Allora che fare di fronte alle bugie dei nostri figli? Sul piano pedagogico si ritiene che intorno ai tre/quattro anni sia il momento giusto per iniziare a educare i bambini alla sincerità. Quello che il bambino può capire sull’argomento a questa età è ben diverso da ciò che sarà possibile spiegargli più avanti. Prima un bambino impara che le bugie possono essere controproducenti, meglio è. Occorre insegnare ai bambini il piacere della sincerità, anziché instillare in loro la paura di essere smascherati. Il modo più utile per crescere bambini leali è fidarsi di loro, promuovere le loro disposizioni migliori invece di tentare di estirpare quelli peggiori. Costruire insomma un contesto famigliare in cui essere sinceri e onesti appaia come la più opportuna strategia relazionale.

CR