La libertà sessuale è comandata

La libertà sessuale è comandata. Il nostro tempo ha spazzato via ogni vincolo alla sessualità. Ognuno nel sesso può orientarsi nelle scelte come crede e può fare ciò che gli aggrada. Unico vincolo è il consenso: ciò che accade deve piacere a tutti gli attori dell’incontro sessuale.

Ma come può ciò che è comandato essere libero? Non è possibile. E così subentra un nuovo vincolo implicito a guidarci nella pratica sessuale: «Devi godere!». Se adesso puoi fare ciò che credi, ora che sei stato sollevato dai gravami della religione e di una morale al servizio della difesa della famiglia, devi godere!

L’incredibile sta accadendo: una nuova restrizione ci guida camminando sotto le insegne della libertà. E se prima la nostra sessualità poteva esprimersi nell’angusto spazio della monogamia coitale (con contenute deviazioni da essa), ora deve spaziare nell’ordine poligamico e poliforme delle sue infinite espressività.

Questa «libertà» non è addivenuta all’utopica «liberazione sessuale, ma di nuovo indica la norma desiderata che vige oggi: l’assenza di norma in presenza di consenso. Forse non poteva che accadere ciò in una società che ha schiantato l’ordine simbolico del padre e, con esso, il tempo, che si è appiattito in un presente ingolfato di godimento. Se non godi – e non domani, ma adesso e continuativamente – non puoi sentirti omologato allo spirito del tempo. Insomma, non sei normale. Ma la libertà di essere e fare ciò che si crede nel sesso non avrebbe dovuto designificare il concetto di «normale»? Se tutto si può tutto è «normale», e nulla dovrebbe essere annoverato nel non prescritto o nel non consentito. Se la legge non c’è più non c’è neppure il peccato, direbbe San Paolo. Invece il peccato c’è e prende la forma nel difetto di godimento, poiché la libertà sessuale non è che il nuovo modo di prescrivere e proscrivere qualcosa riguardo al sesso, ancora una volta.

CR