Dieta e depressione, i dolcificanti artificiali aumentano il rischio di svilupparla?

Un’alimentazione ricca di cibi ultraprocessati sembra essere associata a un aumento del rischio di depressione. Questo secondo i risultati di uno studio pubblicato su JAMA network Open e condotto analizzando i dati del Nurses Health Study II. I risultati si basano sull’osservazione di 30.712 donne, seguite nel periodo 2003-2017, con età media pari a 52 anni e che al momento dell’arruolamento non presentavano segni o diagnosi di depressione. L’obiettivo era quello di stabilire se nel corso del tempo l’incidenza di depressione fosse legata al consumo di alimenti ultraprocessati. Tra gli alimenti sotto osservazione – e considerati potenzialmente pericolosi per i disturbi dell’umore – sono stati inclusi snack dolci, piatti pronti, grassi, salse, latticini ultraprocessati, snack salati, carni lavorate, bevande e dolcificanti artificiali e cereali altamente lavorati. Da una prima analisi è risultato che chi consumava più di otto porzioni al giorno di questi alimenti aveva un rischio superiore del 49% rispetto a chi ne consumava meno di quattro. Inoltre, nelle donne che avevano ridotto il consumo di almeno tre porzioni al giorno il rischio di incorrere in depressione appariva diminuito di circa il 15% rispetto alle altre.

L’aumento del rischio pare legato in particolare al consumo di dolcificanti artificiali. L’analisi dei livelli di rischio per i diversi alimenti ha mostrato che sono soprattutto le bevande zuccherate artificialmente e i dolcificanti artificiali a essere associati al maggiore rischio di depressione con un aumento del rischio di circa il 30%. Andrew Chan, gastroenterologo presso il Massachusetts General Hospital e docente presso l’Harvard Medical School, ha affermato che «il consumo di questi alimenti è collegato a diversi aspetti e in particolare all’infiammazione cronica, legata a sua volta a potenziali esiti negativi in termini di salute, tra cui la depressione. Esiste un legame tra questi cibi e lo squilibrio del microbioma intestinale; elemento importante, questo, dal momento che sono sempre di più le evidenze che indicano come il microbioma intestinale abbia un effetto sullo stato dell’umore, attraverso il metabolismo e la produzione di proteine che esercitano un’attività a livello cerebrale».

La relazione tra dolcificanti artificiali e depressione non è però di tipo causale, poiché dallo studio emerge una relazione di associazione e non di causalità, ed è quindi necessaria cautela nell’interpretazione. È possibile, infatti, che le persone colpite da depressione modifichino la propria alimentazione, e possano decidere di consumare di più cibi già preparati e quindi ultraprocessati. Viene inoltre sottolineata l’eterogeneità dei dolcificanti e la difficoltà di classificarli, così come la possibilità che la relazione tra cibo e depressione sia mediata da obesità, sedentarietà e dalla storia familiare, in misura maggiore rispetto alla dieta. Uno schema alimentare carico di alimenti processati potrebbe, d’altra parte, rappresentare un indicatore indiretto di stress cronico, probabilmente il maggior fattore di rischio per la depressione. In ogni caso, data la potenziale associazione rilevata dallo studio, è auspicabile che il consumo di cibi ultraprocessati e di dolcificanti artificiali venga limitato. Insomma, un cambiamento dello stile di vita alimentare che potrebbe risultare direttamente o indirettamente utile alle persone a rischio di disturbi mentali.

CR