Cibi ultra-processati e disturbi mentali

Sono saporiti, veloci da preparare e si conservano a lungo. Sono molti gli aspetti positivi dei cosiddetti «cibi ultra-processati», ossia alimenti confezionati e pronti per essere riscaldati o consumati direttamente, frutto di ripetute lavorazioni industriali. Tuttavia, assumerne troppi può creare problemi per la salute e già sappiamo che aumentano il rischio di tumore del colon anche del 30 per cento.

L’associazione tra il consumo di cibi ultra-processati e l’aumento di rischio di tumore del colon è stata, infatti, descritta in un articolo pubblicato nell’agosto 2022 sulla rivista British Medical Journal. Il consumo di questo tipo di alimenti è in continuo aumento negli Stati Uniti, dove mediamente il 57% circa delle calorie consumate dagli adulti deriva da questo tipo di prodotti. I risultati confermano che il consumo di alimenti di scarsa qualità nutrizionale e di cibi ultra-processati aumenta in modo rilevante il rischio di mortalità, in particolare per i tumori le malattie cardiovascolari. In ogni caso, è il grado di lavorazione industriale del cibo che correla maggiormente con il rischio di mortalità.

Ma che cosa è precisamente un alimento ultraprocessato? Il cibo è considerato non processato o minimamente processato quando si presenta integro, così come è presente in natura o con solo pochi cambiamenti rispetto al suo stato originario, con piccole modifiche effettuate magari per renderlo adatto al consumo umano. Un certo grado di lavorazione degli alimenti è piuttosto comune e consiste, per esempio, nella cottura e nell’aggiungere sale o olio. Se ciò avviene industrialmente, come per esempio con i legumi in scatola, i cibi sono detti «processati». I cibi ultraprocessati sono chiamati in questo modo perché contengono numerosi ingredienti «aggiunti» (per esempio sale, zucchero, coloranti, additivi) e inoltre perché spesso sono prodotti dall’elaborazione di sostanze (grassi, amidi eccetera) estratte da alimenti più semplici. Rientrano nella categoria dei cibi ultraprocessati molti piatti pronti e surgelati, le bevande zuccherate, i prodotti in vendita nei fast-food e molti snack confezionati (dolci o salati). In alcuni casi sono ultra-processati anche alimenti erroneamente considerati «salutari», come i cereali per la colazione, gli yogurt dolci alla frutta o i cracker. Questi alimenti sono in genere ricchi di zuccheri aggiunti, grassi e amido raffinato che alterano la composizione del microbiota intestinale, ovvero i microrganismi che colonizzano il nostro intestino, contribuendo tra l’altro all’aumento di peso e all’obesità. Riconoscere tali alimenti non è sempre facile, ma leggere l’etichetta riportata sulla confezione può essere di grande aiuto: se un cibo non è stato processato, l’unico ingrediente è in genere l’alimento stesso. Se invece la lista degli ingredienti si allunga, aumenta anche la probabilità che tale alimento sia stato lavorato o ultra-lavorato.

Quali meccanismi biologici sono alla base degli effetti sulla salute dei fenomeni osservati? Una delle principali responsabilità di questi alimenti è di essere poveri dal punto di vista nutrizionale e molto ricchi dal punto di vista energetico. In genere, contengono infatti grandi quantità di grassi e di zuccheri, mentre sono privi di alcune sostanze fondamentali per il benessere dell’organismo, quali fibre o vitamine. Il basso valore nutrizionale di questi alimenti non basta però a giustificare tutti i loro effetti negativi. Oltre ad avere un profilo nutrizionale spesso non ottimale, i cibi ultra-processati contengono additivi, emulsionanti, zuccheri artificiali e altre sostanze dall’elevato potere infiammatorio. Inoltre, nei processi di lavorazione o riscaldamento si possono generare sostanze potenzialmente cancerogene, come nitrosamine o acrilamide. I potenziali meccanismi alla base del rischio associato al consumo di cibi ultra-processati sono dunque numerosi, e ancora in gran parte da scoprire. Tuttavia, le osservazioni epidemiologiche oggi disponibili bastano a confermare che questi alimenti rappresentano una minaccia per la salute quando diventano la colonna portante dell’alimentazione quotidiana. La parola chiave è, quindi, dieta mediterranea, pertanto più verde nel piatto, più cereali integrali, e no ai cibi ultra processati.

Sul punto un’altra metanalisi mondiale pubblicata di recente sul British Medical Journal ha confermato l’associazione diretta tra l’esposizione a alimenti ultra-processati e rischio di mortalità in genere, di cancro, di disturbi cardiovascolari, di disturbi respiratori, di disturbi metabolici ma anche di disturbi mentali. Nel dettaglio, gli autori hanno rilevato esserci «evidenze convincenti» che hanno dimostrato come una maggiore assunzione di cibi ultra-processati si associ a un aumento del rischio di disturbi d’ansia e di disturbi del sonno dal 40 al 66% e a un aumento del 22% del rischio di sviluppo di episodi depressivi. Tali nuovi risultati suggeriscono dunque l’opportunità, nel management dei disturbi mentali minori, di una modifica dello stile di vita alimentare che riduca l’esposizione a questo tipo di alimenti inteso come pratica preventiva nelle persone che hanno sviluppato nel corso della vita disturbi mentali dello spettro ansioso e depressivo e, come buona pratica da associarsi nel trattamento di coloro in cui è in atto un qualche tipo di disturbo mentale minore in atto.

CR