Uomini che picchiano e uomini che piangono

«Non se ne può più di questi uomini che piangono» dice mia moglie e immediatamente penso «Non se ne può nemmeno più di quelli che picchiano». In realtà la maggioranza degli uomini non piange o piange poco, e non picchia; eppure per tutti è piuttosto difficile stare nel giusto equilibrio tra afflizione e collera. Quest’ultima è l’emozione maschile per eccellenza: simboleggia la forza, suggerisce la possibilità dell’azione, protegge i confini personali e perciò tutela l’identità maschile. Non c’è da stupirsi dunque che gli uomini riescano a entrare in contatto più facilmente con questo sentimento.

L’afflizione – ovvero la tristezza o l’angustia provocata dalle perdite, reali o simboliche – è per certo un’emozione alla portata di tutti, ma a patto che sia riconosciuta e accettata, che diventi parola, pianto, contatto fisico. Più spesso negli uomini ciò non accade e l’afflizione si esprime attraverso la rabbia o si camuffa in affermazioni svuotate di emotività o in frasi buttate lì e non concluse. Accade perché rabbia, risentimento o ipercontrollo risultano più conformi all’immagine tradizionale della virilità. Per questi uomini è meglio evitare a priori qualsivoglia contesto emotivo. Altri invece provano a raccontare, ad ascoltarsi, e infine piangono. Si misurano così con il dilemma maschile: la perenne ambivalenza tra il bisogno di incontrare la propria emotività e la dissociazione dalle emozioni. Sono insomma uomini nuovi che provano a integrare nella propria immagine di sé anche le emozioni «deboli», come il dolore, il senso d’impotenza, il bisogno di protezione.

Attenzione però, è proprio qui che questi apprendisti delle emozioni deboli rischiano di inciampare. Quale donna non vorrebbe un compagno capace di accettare ed esternare le proprie debolezze e timori, un uomo che si dimostri empatico e comprensivo, che sia premuroso e affezionato? Eppure, se questo ci prende gusto a raccontare la sua fragilità, viene in breve codificato come un «rammollito» e dunque un soggetto privo di attrazione.

È complesso stare nel mezzo, essere forti e virili ma al contempo teneri e sensibili. La maggior parte degli uomini fatica a sostenere questa duplice richiesta che, se è già diventata un mantra culturale, è bene che non innervi troppo l’aspettativa femminile. Richieste così eccessive conducono l’uomo a preferire la compagnia di altri uomini: in ufficio, al bar o al circolo sportivo sa esattamente cosa lo aspetta o, meglio, cosa ci si aspetta da lui e cosa sicuramente no. Ma a questo punto la ricerca della verità del due, che è la sfida più vera della coppia, è già affondata nel rancore di lei e nella birra di lui. Peccato.

CR