Perché siamo impulsivi – gli uomini – in auto?

A chi non è capitato guidando la propria auto di reagire impulsivamente contro un altro automobilista, a torto o a ragione? Una parolaccia, un gesto, nei casi peggiori un inseguimento. Parlo degli uomini, perché qui le differenze di genere, per ora, contano ancora. Le donne si spostano in auto, gli uomini guidano l’auto. C’è differenza, perché per le donne l’auto è un mezzo di spostamento, per gli uomini invece è un viatico d’identità, oltre che un mezzo. Ciò spiega la propensione degli uomini a non transigere sui torti d’asfalto. Questi infatti incidono sul narcisismo maschile, oltre che sulla carrozzeria. Da qui il sentimento di rabbia generato dagli intoppi stradali. Ma questo non basta a spiegare il gesto impulsivo, certo animato dalla rabbia, che gli uomini – anche quelli pacati e riflessivi nelle altre cose della vita – rivolgono al malcapitato/a che ha ostacolato il glorioso fluire della loro marcia.

Invero, l’impulsività con il suo esito aggressivo, parola o azione che sia, è possibile dove non c’è pensiero. Dove c’è pensiero c’è infatti esperienza del nostro limite e, quindi, anche delle nostre responsabilità, pure quelle stradali. Affinché il pensiero operi è necessaria però una distanza dall’immediatezza dell’esperienza. Solo se si introduce una discontinuità il pensiero è possibile. Ma in auto, nell’attimo del torto subito, ogni sorta di attività mentale risulta fatalmente impedita. Ecco perché in assenza di pensiero l’impulsività, animata dalla rabbia verso chi riduce il nostro narcisismo stradale, si libera senza il freno dell’azione del pensiero, anche se siamo uomini pacati e avvezzi a pensare.

CR