Perché la pandemia da SARS-Cov-2 ci ha reso dei paranoici complottisti

PREMESSA: Una teoria del complotto o della cospirazione è una teoria che attribuisce la causa di un evento – o di una catena di eventi (in genere politici, sociali e talvolta anche naturali) – a un complotto. Si tratta in genere di teorie alternative più complesse ed elaborate rispetto alle versioni fornite dalle fonti ufficiali e critiche nei confronti del senso comune o della verità circa gli avvenimenti comunemente accettata dall’opinione pubblica. Tali ipotesi non sono provate per definizione, dal momento che cesserebbero di essere «teorie», e vengono spesso elaborate in occasioni di eventi che suscitano forte impressione nella popolazione, come per esempio eventi tragici legati alla morte di personaggi più o meno famosi, grandi disastri civili e ambientali, atti terroristici, a volte anche per effetto dell’ampia diffusione e trattazione da parte dei mass media (tratto da it.wikipedia.org).

Vuoi vedere quanto è profonda la tana del bianconiglio? Qualcuno per scoprirlo ci è finito dentro, e non riesce più a uscirne. Così è infatti chiamato l’ingresso nell’universo di QAnon. Parte della sua retorica si rifà all’immaginario distopico-fantascientifico. La tana del Bianconigllio è infatti di Matrix (la frase è: «vedrai quanto è profonda la tana del Bianconiglio»), che ricicla dal romanzo di Lewis Carrol Alice nel paese delle Meraviglie per mostrare un mondo sotterrato da una verità contraffatta. Questo è il grande scopo di QAnon. Guardaci dentro, portarci dentro. QAnon è un movimento, è la setta digitale che meglio rappresenta la tendenza complottista del nostro tempo e quindi a ragione considerabile la madre di tutte le teorie del complotto.

Secondo la principale teoria del movimento esisterebbe un’ipotetica trama segreta organizzata da un presunto Deep State (identificabile in alcuni poteri occulti, collusi con reti di pedofilia a livello globale, e in precise personalità quali Bill e Hillary Clinton, Bill Gates, Tom Hanks, Lady Gaga, George Sorors) che agirebbe contro l’ormai ex presidente degli Stati Uniti Donald Trump e i suoi sostenitori avendo come fine il dominio del mondo. Nessuna delle rivelazioni annunciate dai QAnon si è dimostrata fondata, ma non di meno si sono diffuse in tutto il mondo costringendo Twitter a bloccare 7mila account. Il blocco informatico non è però un muro abbastanza alto per una teoria del complotto che si insinua fra le pieghe della società, andando ad alimentare quei desideri e quelle paure che rendono reale l’inverosimile. Tanto che la testata americana Buzzfeed (sito web d’informazione che distribuisce articoli attinti dalla rete Internet) ha concluso che definire QAnon una teoria cospiratrice è inadeguato, poiché questa appare più simile a un delirio collettivo. Sì, perché secondo il sondaggio attuato da Civiqs (https://civiqs.com/) sono almeno 52 milioni gli utenti che seguono i canali social legati a QAnon. Il dato potrebbe anche non essere preciso trattandosi di un sondaggio, tuttavia un altro dato inquieta e induce interrogativi. Dal mese di marzo a quello di luglio del 2020, sulle pagine Facebook di QAnon si è registrato un aumento del 600% degli iscritti, inutile dire che questo aumento ha coinciso con la prima ondata della pandemia da Sars-Cov-2. L’entità di questi dati consente una prima considerazione: per essere immuni a QAnon non è sufficiente essere intelligenti, istruiti o esenti da turbe mentali. È difficile infatti immaginare che cifre del genere siano abitate solo da persone ignoranti, ipodotate o ottenebrate nella loro lucidità mentale. Le tesi sono irrazionali? Sì. Le connessioni illogiche? Certo. Ma la coerenza della costruzione teorica c’è. Come è possibile che in tempi difficili un così grande numero di persone sia incline ad accogliere tesi senza alcun valido fondamento fattuale (quali quelle, vedi sotto, di QAnon in merito al Deep State, all’origine della pandemia ecc.)?

Daniel Kahneman, uno psicologo israeliano vincitore del premio Nobel per l’Economia nel 2002,  distingue fra pensiero veloce, quindi emotivo, impulsivo e automatico, proprio del sistema limbico, e pensiero lento, cioè analitico, prudente e controllato, correlato al funzionamento della corteccia cerebrale prefrontale. Il pensiero veloce è connesso all’istinto di sopravvivenza. La sua funzione prevale nei momenti di stress, timore, paura, rabbia, è quello che ci salva dai pericoli ma che in una società complessa qual’è la nostra non di rado ci induce anche in errore, inibendo il pensiero lento là dove proprio questo dovrebbe operare. Ora è ragionevole considerare i social degli attivatori del pensiero veloce, a ragione dei loro contenuti ansiogeni e del sensazionalismo utile ad alimentare la circolazione delle notizie all’interno delle reti comunicative. Il pensiero veloce determina reazioni immediate e consolida i pregiudizi, che a loro volta ci inducono a selezionare argomentazioni prossime al nostro sentire che rafforzano ulteriormente le nostre credenze. La segregazione impostaci dai DPCM, emanati per ridurre il rischio di contagio da SARS- Cov-2, ci ha alienati dal nostro quotidiano ed è aumentato così il tempo che trascorriamo sui social, mentre si è ristretto quello del lavoro, dello svago condiviso, della scuola e dello sport. Ci siamo ritrovati esposti a notizie sempre più allarmanti che generano ansia e alimentano il pensiero veloce. La vita e la morte, legate da un’inquietante dialettica, sono penetrate nel nostro quotidiano e ci siamo sentiti sempre più esposti e vulnerabili. Titoli sensazionalistici, messaggi vocali su whatsApp e interviste di virologi e medici che con tutta la calma professionale profetizzano apocalissi e nel contempo forniscono responsabili istruzioni su come evitare il contagio hanno indotto persone normali a gridare «assassino» a chi usciva di casa con il cane, a odiare i runner, a denunciare il vicino che riceveva la visita di due conoscenti, a contare quante volte il dirimpettaio usciva a fare la spesa, ad applaudire e cantare dai balconi. Ad attaccare insomma chi esce dal branco, perché stare in quel branco ci fa sentire nel giusto, meno soli. Anche a costo di trasformarci nelle pallide imitazioni di noi stessi consumati dall’ansia e da una percezione sempre più alterata della realtà quasi contigua alla paranoia. Il Covid ci ha reso più fragili, più vulnerabili, e ha consentito l’instaurarsi dentro di noi della dittatura del pensiero veloce. Di qui la disposizione a dar credito alle narrative complottiste che hanno in QAnon la principale sorgente. Insomma, se gridiamo al passante, magari nostro vicino da innumerevoli anni, che è un assassino, non è poi così bizzarro credere che possa esistere un Deep State pure colluso con oscure reti di fiancheggiatori della pedofilia.

Ma attraverso quale processo ciò accade? Intanto le notizie ricevute in stato di inquietudine influenzano le successive elaborazioni. Difficile a questo punto raddrizzare il tiro, perché il nostro funzionamento mentale legge come più importante tutto ciò che può essere facilmente evocato. Le soluzioni o le interpretazioni alternative che non sono prontamente richiamabili hanno scarso valore. Detto in modo molto semplice, la nostra mente considera importante ciò che ricorda facilmente. Secondo questo stile di elaborazione delle informazioni, noto come «euristica della disponibilità»,  le persone tendono a orientare i loro giudizi sugli argomenti in oggetto in base alle informazioni più recenti, più facilmente disponibili, permettendo così che le loro opinioni vi si ancorino erroneamente. Ad alimentare il sedimentarsi di informazioni parziali è la propensione umana a prendere decisioni sulla base delle prime informazioni recepite. Attraverso il principio di ancoraggio infatti gli individui cominciano da un punto di riferimento implicito (l’ancora) e su quell’informazione – che può essere oggettivamente o clamorosamente errata – fanno aggiustamenti fino a mettere a punto la propria interpretazione dei fatti. La finalizzazione del ciclo infernale della paranoia sociale si compie infine attraverso il «pregiudizio di proporzionalità», che ci induce a credere che un evento drammatico non possa che essere provocato da una causa «grande», intendendo con questo aggettivo qualcosa di terribile, oscuro, di non controllabile. Ecco come attraverso questa sequenza di errori logici la pandemia da coronavirus cessa di essere il fatale esito dell’adattamento di un virus animale all’organismo umano, ma diviene il vettore/strumento – prodotto in laboratorio – di una nefasta trama tesa alla dominazione del mondo con a capo Bill Gates o qualsiasi altro personaggio influente che si presti allo scopo della narrazione complottista. Allo stesso modo i vaccini ci fanno ammalare, e perché no? La pandemia da SARS-Cov-2 non esiste, è un’invenzione del Deep State per imporre un nuovo ordine del mondo! QAnon del resto è già lì da tempo a dire queste cose, e allora non ci sembra più così improbabile che nella sua narrazione ci sia anche della verità.

A rinforzare la costruzione paranoica dell’interpretazione della realtà vi è poi una nostra peculiare propensione, chiamata «effetto Dunning-Kruger», a sopravvalutare le personali conoscenze. L’effetto Dunning-Krugerè una distorsione cognitiva a causa della quale individui poco esperti in un campo tendono a sopravvalutare le proprie abilità, mentre al contrario persone davvero competenti hanno la tendenza a sottostimare la propria reale capacità. Questo è ciò che Weber indicherebbe come il grande problema di noi moderni: sappiamo tutto, ma di quel «tutto» poco sappiamo in realtà. Perché un aereo vola? Quali sono le funzioni del fegato? Perché la luna a volte si vede di giorno?  La più parte di noi non lo sa per davvero. Ecco quindi il perverso meccanismo per cui si diventa tutti virologi, economisti, balistici. Sopravvalutiamo le nostre capacità di lettura degli eventi e ciò determina un’imbarazzante apofonia secondo cui intendiamo pattern significativi tra dati casuali. Creiamo dunque collegamenti tra dati e fatti anche dove non ci sono, ma grazie a ciò la complessità della realtà si liquefà nella spiegazione lineare dell’oscuro complotto che ci pare più credibile del reale e che, si sa, sfugge sempre a una compiuta comprensione. Il complotto semplifica. Dà risposte là dove sarebbe difficile trovarle, e identificare un nemico aiuta a sopravvivere. L’idea infatti di individuare un nemico è un ancoraggio molto forte, un punto di riferimento implicito e di partenza per costruire una teoria del complotto. Pertanto, in una situazione come quella pandemica attuale in cui il vero nemico è un virus invisibile e incontrollabile, scovarne di visibili, pensare di fare un poco di luce sulle loro trame oscure acquieta le nostre ansie, la nostra sete di risposte. Soprattutto nei momenti più difficili abbiamo bisogno di riordinare le complessità del mondo per le quali non abbiamo più le risposte. Forse nemmeno il termine «postmoderno» è sufficiente a indicare quell’incertezza esistenziale che è diventata l’estetica di vite sempre più in bilico. Scaricare su un nemico occulto, ma non invisibile e incontrollabile come il virus, può evitare scomode e pericolose autoanalisi. Ecco perché la narrativa di QAnon, per la quale il Deep State manovra televisione, media, paga le persone per protestare o per non farlo, è accattivante. Ecco perché i social sono percepiti, per gli adepti di QAnon, come un territorio selvaggio in cui sopravvive tuttavia la libertà e dove Mark Zuckerberg (CEO di Facebook) non è annoverato tra i cattivi. Il complottismo poi distrae, perché attraverso una narrazione mitica ci distoglie da questo mondo che la pandemia ha reso ancora più inospitale di quanto non sia diventato. Infine ci fa sentire speciali, perché in un mondo in cui nessuno sembra avere chiavi interpretative soddisfacenti, il complottista vede chiaramente una «realtà» che, se non è per tutti tale, lo è per lo meno per gli eletti che sanno vedere oltre le «menzogne» dell’establishment. Sia chiaro, il mondo moderno nella sua complessità, incertezza, dispersione, ha già predisposto basi solide per la proliferazione dei complottismi. Il virus ha solo alimentato quei tratti sfigurando maggiormente un panorama difficile, pericoloso, che non si vuole più guardare in faccia perché spaventa. Quindi benvenuti nella tana del Bianconiglio, voi che con occhi vecchi guardate un mondo diverso. Chissà per quanto la pillola magica farà effetto. Chissà per quanto saremo vittime di deliri collettivi.

CR